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Continuo a ripetere lo stesso comportamento: le stereotipie

Cosa sono le stereotipie?

Le stereotipie sono descritte dai ricercatori come comportamenti ripetuti più volte che apparentemente non hanno uno scopo preciso. Molti scienziati si sono accorti che animali mantenuti in ambiente controllato (in human care) in condizioni non idonee sviluppano comportamenti non riscontrati in natura nella stessa specie. Questi comportamenti sono di solito ripetuti più volte dall’animale, come in un ciclo ripetitivo, e possono essere di varia natura.
 

Alcuni esempi

Nei carnivori o in specie che in natura viaggiano su lunghe distanze per esempio sono comuni le stereotipie legate alla locomozione, come il pacing, in cui l’individuo cammina avanti e indietro seguendo sempre la stessa rotta.
 
In molti ungulati, ma anche in altre specie, si possono invece sviluppare stereotipie orali, in cui per esempio gli animali mordono in modo continuo una superficie, come una barra di metallo o una recinzione. Molte specie sono state viste attuare un comportamento che viene chiamato head bobbing, in cui  la testa viene fatta ondulare verticalmente e a volte ruotata di lato, sempre in modo ripetuto

L’apatia è un altro comportamento anomalo riscontrato in animali in ambiente controllato, in cui l’individuo resta fermo per diverso tempo senza mostrare altri comportamenti. Uno dei comportamenti anomali più preoccupanti riguarda quello che potremmo chiamare “autolesionismo” (self-aggressive behaviours), in cui l’animale utilizza una parte del corpo, di solito la bocca, per danneggiarne un’altra.
 
Per esempio può leccarsi eccessivamente provocandosi lesioni, succhiare una parte del proprio corpo o strappare il proprio pelo. Alcuni ricercatori indicano un comportamento come stereotipia solo se raggiunge una specifica durata, per esempio 10 secondi, o un certo numero di ripetizioni, per esempio due.
 
 

Da cosa sono provocati questi comportamenti?

Tuttavia quello che è davvero importante non è solo riconoscere tali comportamenti, ma sapere da cosa sono provocati. È per questo motivo che molti ricercatori hanno iniziato a studiare il comportamento animale in ambiente controllato, una delle applicazioni della ricerca in questo ambito.

Possono essere molti i fattori che inducono gli animali a sviluppare comportamenti anomali per la specie. Le condizioni non idonee in cui vengono mantenuti in ambiente controllato sono fondamentali: spazi ristretti, mancanza di stimoli, inadeguato gruppo sociale. Tuttavia la sofferenza di molte specie deriva dalla mancata possibilità di controllo sull’ambiente e dall’imprevedibilità delle situazioni, mentre in altri casi dall’impossibilità di fuga o di nascondersi.
 
Alcuni comportamenti anomali possono presentarsi in una specie in particolare, tuttavia è stato dimostrato che individui della stessa specie, sesso ed età possono differire marcatamente nelle risposte al medesimo stimolo, probabilmente per via della diversa esperienza passata.
 
Esistono anche stereotipie cosiddette anticipatorie, in cui gli animali comprendono da vari indizi (per esempio rumori nel reparto interno degli zoo) che si avvicina l’ora del rientro serale, che a volte coincide con il pasto, e iniziano a mostrare il comportamento anomalo. In questo caso non si tratta di un indizio di scarso benessere, bensì è stato interpretato da molti ricercatori come la volontà di raggiungere uno stimolo o un’elevata motivazione alla caccia nei carnivori (chiaramente non applicabile in contesti di ambiente controllato).
 
Molti ricercatori hanno ipotizzato che l’attuazione di stereotipie possa essere legata ad energie che l’animale avrebbe, ma che non ha la possibilità di esprimere in comportamenti naturali per mancanza dei corretti stimoli. Altri autori hanno scritto che le stereotipie possono essere un modo per affrontare una situazione stressante o frustrante e applicare una stereotipia potrebbe in qualche modo permettere all’animale di “sfogarsi”. È probabile infatti che lo sviluppo di tali comportamenti consenta all’individuo di affrontare una situazione in un preciso contesto e che gli sia di aiuto.
 

Gli animali hanno un passato

Ma ricordiamoci che quando vediamo un comportamento anomalo, questo non è detto che derivi dalle condizioni attuali in cui viene tenuto l’animale. Come noi, anche altri animali sono influenzati profondamente dal passato, che li condiziona, a volte per il resto della loro vita.
 
Diversi ricercatori hanno infatti proposto che questi comportamenti possano, dopo molto tempo, inserirsi nel normale range comportamentale di un animale. Per esempio, se un individuo è stato mantenuto in una condizione non idonea per anni e ha sviluppato una determinata stereotipia, è molto probabile che anche fornendogli migliori condizioni di vita, non smetta di attuare quel comportamento. È in qualche modo entrato nel suo quotidiano, nel suo modello comportamentale.
 
Ricordiamoci inoltre che a molti parchi zoologici vengono affidati animali sequestrati con un passato difficile vissuto in condizioni spesso terribili. Perciò, per quanto le accortezze prese dagli zoo siano minuziose e i controlli ferrei, non è detto che l’animale in questione non presenti più i comportamenti anomali che ormai ha imparato ad inserire nel suo repertorio comportamentale. Il recupero di individui con un passato che potremmo definire traumatico non è facile e per alcune specie i dati scientifici sono ancora insufficienti per permettere ai ricercatori, al personale degli zoo e alle istituzioni di intervenire nel miglior modo possibile, cosa che comunque cercano di fare.
 

Non lanciarsi in interpretazioni

È di fondamentale importanza non lanciarsi in interpretazioni del comportamento di un animale o della sua condizione di benessere o malessere, nemmeno i ricercatori osano tanto. È invece importante lasciare la parola agli esperti, che conoscono anche la storia di vita degli animali, e ai risultati che ottengono grazie alle ricerche scientifiche che conducono.
 
Infine alcuni comportamenti che possono sembrare inusuali, in realtà sono normali per quella specie. Per esempio i leoni e i felidi in generale sono animali molto attivi di notte, ma che di giorno spendono la maggior parte del tempo inattivi, esattamente come i leoni in natura.
 

Cosa stiamo facendo per gli animali?

Le conoscenze attualmente a nostra disposizione ci permettono di provare a cambiare in meglio la vita di questi animali e molti sforzi vengono fatti a tale scopo. Oggi abbiamo a disposizione delle linee guida redatte da esperti che aiutano i parchi zoologici a mantenere correttamente gli esemplari di molte specie in ambiente controllato, in modo da fornire loro lo spazio, il gruppo sociale(la compagnia di altri individui della stessa specie, rispecchiando i gruppi sociali che ritroviamo in natura), gli arricchimenti (oggetti, odori o esperienze che vengono inserite nel reparto in cui si trovano), i luoghi in cui nascondersi alla vista dei visitatori, la dieta più adeguati alle loro necessità.
 
Infine è bene tenere presente che molti degli animali che vediamo nei parchi zoologici sono nati in ambiente controllato e non sopravvivrebbero se rimessi in libertà in natura. Perciò l’unica cosa che possiamo fare è rendere la loro vita simile per quanto possibile a quella in natura, rispettando i loro tempi biologici, le loro necessità fisiche, ma anche comportamentali, e la loro individualità. Inoltre è importante sottolineare come i parchi zoologici moderni ricoprano attualmente un ruolo fondamentale nella reintroduzione delle specie in natura.
 
Molti degli animali che vengono rilasciati in natura all’interno di progetti di reintroduzione provengono infatti dagli zoo. Un esempio attuale è quello del bisonte europeo (Bison bonasus), reintrodotto in natura da un recente progetto a cui hanno collaborato anche zoo italiani.
 
 
Continuare a fare ricerca studiando il comportamento degli animali, sia in ambiente controllato che in natura, è fondamentale. Di irrinunciabile importanza è la comparazione tra il comportamento mostrato in natura e quello attuato in ambiente controllato. Lo scopo è quello di migliorare le condizioni di vita degli animali, ma non solo. Maggiori sono le informazioni che abbiamo sul comportamento di una specie, più grandi saranno le nostre chance di dare vita a progetti di reintroduzione in natura di successo.
 



Riferimenti

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Schaller, G. B. (1972). The Serengeti lion: a study of predator-prey relations. University of Chicago Press, USA.
 
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Wielebnowski, N. C., Fletchall, N., Carlstead, K., Busso, J. M., & Brown, J. L. (2002). Noninvasive assessment of adrenal activity associated with husbandry and behavioral factors in the North American clouded leopard population. Zoo Biology, 21(1), 77-98.

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