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Ho paura di te

L’uomo è ormai definito come ‘super predatore’ in relazione agli altri animali, in quanto in grado di uccidere anche i più grandi carnivori terrestri. È stato provato da diversi studi che alcune specie animali reagiscono alla presenza umana esattamente come reagirebbero ad uno dei loro predatori. L’uomo per loro è a tutti gli effetti un predatore come gli altri.

Spesso la più frequente causa di mortalità per le popolazioni di predatori è proprio collegata all’uomo, che li uccide direttamente o indirettamente. Gli animali che vivono in aree antropizzate possono cercare di evitarle rilevando la presenza umana attraverso i suoni come quelli dei veicoli o le luci, per esempio quelle stradali. I grandi carnivori generalmente effettuano spostamenti in ampie aree, ma alcuni studi hanno dimostrato come essi cerchino di non entrare nelle zone abitate e di limitare le interazioni con l’uomo alterando il proprio comportamento.
 
Gli habitat antropizzati possono essere utilizzati come rifugio o scudo da parte di specie che di solito subiscono predazione, proprio perché i predatori tendono ad evitare le zone densamente popolate. Tuttavia è stato dimostrato come alcune popolazioni di carnivori sfruttino la concentrazione di prede nei dintorni delle aree urbane ed evitino il contatto con gli umani predando quando essi non sono presenti.
 
 
 

Ma quindi i predatori hanno paura dell’uomo?

A seguito delle evidenze che i predatori modifichino i propri spostamenti sul territorio influenzati dalla presenza umana, molte ricerche hanno cercato di capire se questi animali abbiano effettivamente paura dell’uomo.
 

Uno studio condotto nelle Santa Cruz Mountains della California ha monitorato le reazioni di 17 puma (Puma concolor) selvatici alla riproduzione di suoni prodotti dall’uomo (in questo caso una voce che parla in modo colloquiale) nei siti in cui di solito questi animali si cibano. La popolazione umana è molto presente nell’area e ha un grande impatto sul territorio, modificandolo radicalmente. Per darvi un’idea, i puma cacciano le loro prede anche a meno di 5 metri dalle abitazioni. 

I ricercatori hanno utilizzato due diverse registrazioni: quella di una voce umana e quella dei canti di rane arboricole del Pacifico (Pseudacris regilla) che vivono nell’area di studio. Le registrazioni venivano riprodotte casualmente per 30 minuti nei siti di alimentazione. Dodici puma si sono imbattuti in entrambe le registrazioni. Mentre solo nel 6% dei casi i puma hanno messo in atto la fuga sentendo la registrazione del canto delle rane, l’83% delle volte sono scappati udendo la voce umana.

I ricercatori hanno inoltre riscontrato altri comportamenti modificati in risposta al simulato incontro con l’uomo: gli animali tornavano nel sito di alimentazione dopo un periodo più lungo e riducevano il tempo impiegato per mangiare di più della metà quando sentivano la presenza umana.

 

Quali possono essere le conseguenze?

Nelle zone abitate i predatori tendono a cacciare quando non ci sono esseri umani nelle vicinanze, ma la paura potrebbe portarli a ridurre il tempo dedicato al pasto, come dimostrato per i puma. I grandi carnivori di solito uccidono prede di considerevoli dimensioni e tornano più volte a cibarsi della carcassa.
 
Braccare, inseguire, sopraffare e uccidere una preda di grandi dimensioni richiede un investimento energetico piuttosto elevato. Non avendo dedicato abbastanza tempo per assimilare energia da una preda e per poterne assumere la quantità richiesta dal loro metabolismo, questi animali potrebbero essere spinti a cacciare più individui. Questo anche per compensare lo sforzo richiesto da ogni supplementare battuta di caccia. In pratica in qualche modo rinunciano senza saperlo ad una caccia più efficace per evitare il contatto con l’uomo.
 
Una delle possibili conseguenze di un maggiore investimento di energia per la caccia, riportata per i puma, ma che potrebbe valere anche per altre specie di predatori e non, è la morte e l’abbandono di cucciolate da parte delle femmine che vivono in zone densamente popolate. 
 

Un circolo vizioso

 
Se queste osservazioni si rivelassero statisticamente significative e correlate alla imponente presenza umana, questo significherebbe che la profonda modifica degli ecosistemi da parte dell’uomo influenzerebbe direttamente la sopravvivenza di molte specie, mettendole pericolosamente a rischio.
 
Inoltre le femmine di puma, cercando di evitare gli esseri umani, uccidono più prede ed effettuano spostamenti maggiori sul territorio per cacciare. Il maggior numero di  carcasse lasciate dalle femmine di puma in ambienti antropizzati forniscono ulteriore nutrimento a predatori più piccoli, che con l’aumento della loro presenza sul territorio potrebbero portare ad una ulteriore riduzione del tempo di consumazione della preda da parte dei grandi predatori loro competitori. Un circolo vizioso che potrebbe autoalimentarsi.  
 
Molte specie continuano a convivere con l’uomo, ma attraverso l’alterazione del proprio comportamento e spesso anche del nostro. Le risposte comportamentali non vengono sempre prese in considerazione quando si parla di fattori che influiscono sugli ecosistemi, ma quando compaiono in una popolazione possono influenzare molte altre specie presenti nello stesso territorio. Nel caso dei puma le uccisioni di cervi vicino alle città risultano maggiori di quelle in zone meno abitate, provocando una cascata ecologica che parte dall’uomo, influenza i puma e aumenta le uccisioni di cervi.
 

Un esempio italiano

Un esempio italiano di come l’uomo influenzi il comportamento animale è quello dei cervi (Cervus elaphus hippelaphus) del parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Reintrodotti negli anni ’70, si sono riprodotti e il loro numero è cresciuto moltissimo. Oggi questi animali si avvicinano alle caseentrano nelle città e sfruttano i prati, campi, giardini come fonte di cibo. È probabile che abbiano imparato che il loro predatore principale, il lupo, non si avvicina agli uomini né alle loro case, quindi in qualche modo trovano rifugio e protezione nelle aree urbane.
 

 

 

 

Le relazioni nella comunità

La paura quindi sembra influenzare le relazioni tra specie diverse e svolgere a livello di popolazione un ruolo importante nella fecondità e nella sopravvivenza degli animali selvatici. Se il comportamento di un predatore cambia, allora anche le sue relazioni con le prede, con altri predatori e con specie saprofaghe subiscono delle modifiche, alterando l’intera comunità.
 
I grandi carnivori svolgono un ruolo fondamentale negli ecosistemi e le evidenze supportano la possibilità che la presenza e il disturbo umano possano alterare in definitiva il loro ruolo ecologico.
 
In definitiva lo studio del comportamento animale ha moltissime applicazioni.
 
Riferimenti

Clinchy, M., Zanette, L. Y., Roberts, D., Suraci, J. P., Buesching, C. D., Newman, C., & Macdonald, D. W. (2016). Fear of the human “super predator” far exceeds the fear of large carnivores in a model mesocarnivore. Behavioral Ecology27(6), 1826-1832.

Smith, J. A., Suraci, J. P., Clinchy, M., Crawford, A., Roberts, D., Zanette, L. Y., & Wilmers, C. C. (2017). Fear of the human ‘super predator’reduces feeding time in large carnivores. Proc. R. Soc. B284(1857), 20170433.

Smith, J. A., Wang, Y., & Wilmers, C. C. (2015). Top carnivores increase their kill rates on prey as a response to human-induced fear. Proceedings of the Royal Society of London B: Biological Sciences282(1802), 20142711.

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